venerdì 24 Novembre 2023 ore 21.00

Holy Spider

di Ali Abbasi
Danimarca - 2023
con Mehdi Bajestani, Zahra Amir Ebrahimi, Arash Ashtiani, Forouzan Jamshidnejad

Holy Spider è la storia di un uomo di nome Saeed (Mehdi Bajestani), un padre di famiglia alle prese con la propria ricerca religiosa. Saeed è intenzionato a compiere una sacra missione: purificare la città santa di Mashhad, cercando di sradicare del tutto la prostituzione, simbolo di immoralità e corruzione. Il modo che sceglie per portare a termine questa impresa è l’eliminazione fisica delle donne. Dopo aver mietuto già qualche vittima, Saeed si ritrova però in preda alla disperazione, perché le persone non sembrano interessate affatto alla sua missione divina.

Nel frattempo una giornalista di Teheran, Rahimi (Zar Amir-Ebrahimi), giunge in città per indagare sullo spietato serial killer, rendendosi conto che le autorità locali non sembrano avere fretta di trovare il colpevole.

Ali Abbasi

È uno sceneggiatore e regista. È nato in Iran nel 1981 e ha lasciato i suoi studi in Iran per trasferirsi a Stoccolma dove, dopo la Laurea in architettura, ha studiato regia alla National Film School of Denmark, laureandosi nel 2011 con il cortometraggio M For Markus. Il suo primo lungometraggio Shelley è stato premiato alla Berlinale nel 2016 e distribuito negli Stati Uniti. È conosciuto soprattutto per il film Border premiato a Cannes nella sezione Un certain regard. Il film è stato scelto dalla Svezia come candidato agli Oscar, è stato distribuito in tutto il mondo, ha vinto il Danish Film Award ed ha avuto tre nomination agli Efa. Attualmente sta girando in Canada l’adattamento per la tv di The last of Us per HBO.

Note di regia

HOLY SPIDER è un film sull’ascesa e sulla caduta di uno dei più noti serial killer dell’Iran: Saeed Hanaei.
In senso più ampio, il film è una critica alla società iraniana perché il killer è un uomo molto religioso e un cittadino molto rispettato.

Vivevo ancora in Iran all’inizio degli anni 2000, nei giorni in cui Saeed Hanaei uccideva le prostitute di strada nella città santa di Mashhad. Era riuscito ad uccidere 16 donne prima di essere arrestato e processato e la storia catturò davvero la mia attenzione durante il suo processo. In un mondo normale non ci sarebbero dubbi che un uomo che ha ucciso 16 persone venga visto come colpevole. Ma qui in Iran era diverso: una parte del pubblico e dei media conservatori iniziò a celebrare Hanaei come un eroe. Sostenevano l’idea che Hanaei avesse semplicemente voluto adempiere al suo dovere di persona religiosa ripulendo le strade della città con l’uccisione di queste donne impure. Fu allora che mi venne l’idea di realizzare questo film.

La mia intenzione non era quella di girare un film su un serial killer ma su una società killer seriale. Volevo parlare della misoginia profondamente radicata nella società iraniana, una misoginia che non è specificamente religiosa o politica ma culturale. La misoginia ovunque nel mondo si tramanda attraverso le abitudini delle persone. In Iran abbiamo una tradizione di odio verso le donne. Nella storia di Saeed Hanaei quest’odio è manifestato apertamente e la sua posizione così esplicita scatena reazioni opposte esemplificative della gamma di opinioni della società iraniana: quelle a suo favore e quelle contro di lui.

Saeed Hanaei è al tempo stesso una vittima e un criminale. Come soldato in prima linea nella guerra Iran-Iraq ha sacrificato la gioventù per il paese, per renderlo migliore e dare significato alla propria vita. Ma poi si è reso conto che alla società non importa nulla di lui e che i suoi sacrifici durante la guerra non hanno cambiato nulla. Si ritrova in un vuoto esistenziale nonostante la sua fede in Dio. Saeed si reca alla moschea, piange nella casa di Dio e trova una nuova missione, una missione in nome di Allah.

HOLY SPIDER non vuole fare dichiarazioni politiche contro il governo iraniano. Non incarna l’ennesima critica alle società corrotte del Medio Oriente. La disumanizzazione di gruppi di persone, specialmente la disumanizzazione delle donne, non è qualcosa che succede solo in Iran ma si può ritrovare con diverse variazioni in ogni angolo del mondo.

Ho immaginato il film come una storia specifica con personaggi specifici, non un film “a tema” su determinati problemi sociali. Non mi interessava fare l’ennesimo film sui diversi modi in cui un uomo può assassinare e mutilare una donna, volevo sottolineare la complessità del problema e mostrare le situazioni vissute da entrambe le parti, soprattutto per restituire umanità alle vittime. La storia di Rahimi è altrettanto importante di quella di Saeed. Ho scelto di avvicinarmi a lei e capire come ha affrontato, mentre segue questo caso, i conflitti con se stessa e quelli con la sua famiglia e con la società.

Le vittime di Hanaei non erano genericamente delle donne di strada. Erano donne ognuna con una propria personalità e la mia speranza è quella di restituire loro una parte della dignità e dell’umanità di cui sono state private. Non come fossero delle sante, non come vittime sfortunate, ma come esseri umani come noi.

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